La zuppa di mariconde della cucina bresciana galleggia nella memoria e profuma i ricordi di molti di un tempo in cui nulla si buttava.
Ingredienti:
(per quattro persone)
- 300 grammi di pane raffermo
- 100 grammi di pane grattugiato
- 4 uova
- sale
- noce moscata
- 172 litro di latte
- 4 cucchiaia di formaggio grattugiato
- 100 grammi d burro
- brodo di carne
Preparazione Ricetta Zuppa di Mariconde alla Bresciana:
Mettere a bagno per circa mezz’ora il pane raffermo sena la crosta nel latte tiepido.
Mettere il burro a sciogliere sulla fiamma lente in un pentolino e aggiungere il pane con il latte.
Mescolate e amalgamate bene il tutto con un cucchiaio.
Togliete il composto dal fuoco e versatelo in una terrina.
Aggiungete il formaggio grattugiato, un cucchiaio di sale e la noce moscata.
Mescolate bene, aggiungete al composto le uova una alla volta mescolando e incorporate il pangrattato.
Se il composto risultasse troppo liquido aggiungete ancora un poco di pangrattato.
Lasciate riposate il composto per circa mezz’ora.
Foggiate con le mani bagnate alcuni piccoli gnocchetti e dopo aver portato il brodo a ebollizione immergeteli per la cottura.
Una volta saliti a galla saranno cotti e potete servire la zuppa.
La storia della Zuppa di mariconde.
Una volta, quando le merendine industriali restavano da inventare, i ragazzini si recalcitravano difficilmente davanti ad un piatto.
Quello che attivava in tavola, soprattutto quando vigevano le tessere alimentari, non sempre era quantitativamente rapportabile all’intensità della fame. Si divorava…
Tuttavia poteva accadere che la minestra del mezzogiorno riscaldata per la cena suscitasse qualche bizza: un capriccio più un autentico rigetto.
Subito la mamma interveniva: “vuol dire che ripreparerò una zuppa di mariconde d’oro…”.
E un poco per gli scappaccioni incombente, molto più per l’appetito robusto il riso ormai scotto o (più raramente) l pasta di grano tenero che sfaldava sparivano dalla tovaglia d’incerato.
Restavano mitiche e tanto più ambite quelle mariconde anche si favoleggiava anche nelle conversazioni scolastiche.
La fantasia poteva sbagliarsi: chi le “inventava” dolci di involucro e rigonfie di panna; chi salta perchè grevi di impasto: spezie e acciughe.
Un sogno inafferrabile come, allora, le banane; solo che del frutto per testimonianze molteplici era certificata l’esistenza.
Così, quando nel dopoguerra nella vetrina dell’Arduino, toscano fruttivendolo di Corso Cavour, ne apparve il primo casco, tutti là ad ammirarle, messe dietro vetro per salvaguardarle da prevedibili tentazioni.
Parevano d’oro. Come la zuppa di mariconde, appunto. Ma queste chi mai le avrebbe assaporate? Invece….