La Pendolina nelle leggende bresciane era una bellissima fanciulla!
La Pendolina, una volta, non stava dove noi ora la vediamo.
Era unita alle altre montagne di casa, addossata ai contrafforti che corrono dal Guglielmo in su fino alle prealpi della Camonica, della Trompia e della Sabbia, le tre superbe valli del territorio bresciano.
Al sicuro dalle insidiose tramontane, coperta dall’abbraccio teneramente verde dell’Onofrio e di Conche, la Pendolina si affacciava a curiosare sulle fiorite colline che dai Camaldoli, giù fino alla Badia, fanno corona e ornamento alla città, che pigramente guarda a sud verso il solitario Mont’Orfano, avanguardia e scolta nelle nebbie della Bassa.
Fortemente attratta dal rapido Mella,
la Pendolina mal sopportava di essere ristretta nell’unitario massiccio che la imprigionava.
Anelava ad una privilegiata posizione, in faccia alla città, che la distinguesse dalle consimili montagne dei dintorni.
Nelle chiare notti di luna piena, quando il suo sguardo si perdeva incantato sulle bellezze invitanti della pianura, Pendolina seguiva trasognata il corso amico del Mella e si perdeva, sull’onda dei sospiri, nel desiderio di sempre:
«O Mella – allora invocava – mio caro e rapido Mella, come vorrei esserti compagna nell’incessante viaggio che tu persegui!».
A lei rispondeva il fiume:
«Dall’alto del Maniva io scendo solitario a valle e tutte le montagne fanno ala al mio passaggio aprendomi la strada all’ospitale pianura…».
«Non posso restare a guardarti indifferente, mentre tu corri a versare le tue acque irrequiete nelle limpide correnti dell’Oglio».
«Non crucciarti, amica Pendolina; anche tu, come le consorelle, puoi guardare al mio corso con simpatia, confortandomi con l’augurio che io possa conservare sempre la forza necessaria a proseguire il mio cammino verso il mare…».
Pendolina, insoddisfatta, insisteva:
«O Mella, mio caro amato Mella, non lasciarmi senza il tuo aiuto. Voglio esserti più vicina, capisci? Sono secoli che aspetto la mia ora. Tremo al pensiero che altri secoli passeranno senza che io possa realizzare il mio sogno».
Tanto fece e tanto pregò che alla fine i celesti poteri presero la decisione di venire incontro al suo struggente desiderio.
Un improvviso sconvolgente sommovimento fece tremare la terra;
le valli presero un diverso riassetto, le montagne si scrollarono di dosso
le minori appendici, le vette più alte si librarono al cielo in orgogliosa solitudine, i fiumi e i torrenti si misero a scorrere in alvei rinnovati…
Pendolina si risvegliò al primo sole in una posizione completamente rinnovata, ben diversa dalla sua abituale.
Si guardò intorno e vide lontani e separati Conche e Onofrio; ben più lontano il superbo Guglielmo; più vicino, ma non più unito a sé il Colle della Croce, ben più bassi i Campiani…
Ma soprattutto scorse – oh meraviglia! – le spigliate acque del Mella cantare allegre ai suoi piedi. «Mi sento felice d’essere accanto a te!» sussurrò affidando alla brezza mattutina il sospiro del suo verde cuore.
Ed ecco, per incanto, la montagna prese le sembianze di una
bellissima fanciulla
dai lunghi capelli verde-tenero, luminosi e soffici come
seta d’Oriente.
Incantato, il Mella fermò all’istante la sua corsa. Sulla superficie dell’acqua, mutata in lago, si specchiò, incantevole, il volto felice della fanciulla.
«Sei contenta, Pendolina?» la salutò il Mella.
«Nessuno più ci separerà – rispose la fanciulla – io starò sempre in faccia a te e godrò di vedere le mie sembianze scherzare nei riflessi della tua fresca corrente».
Fu in quel momento magico che si compì la trasformazione che oggi noi viventi possiamo contemplare: Pendolina, la fanciulla dalle chiome verdi-tenero, riprese le fattezze del Colle che a ridosso del Mella, in quel di Urago, fa bella guardia al rapido torrente triumplino.
La leggenda continua.
Si dice che nelle notti di luna piena, Pendolina, la fanciulla felice che ha il nome della Collina, riprenda le sue sembianze antiche e venga a sedersi sulla riva dell’amato, per confidare al rapido Mella i suoi segreti e i suoi stupori.