La bella del Maniva – Leggende Bresciane
Risale alla notte dei tempi una delle più toccanti leggende del Maniva, la grande montagna di casa, che sigilla la Valle Trompia ai confini con le consorelle Sabbia e Camonica.
Una leggenda tenacemente avvinta alla tradizione generata dalla fertile fantasia della gente triumplina, narra dunque la leggenda che la cima Caldoline è la prima a scaldarsi al sole del mattino, nel gruppo del Maniva; una cima che nel profilo aggraziato rivela un inconfondibile viso di donna.
Assicurano i vecchi « è la principessa Emanuella, la bella del Maniva » custodi della tradizione popolare. Per antico sortilegio, il Maniva tiene prigioniera l’infelice principessa delle vette, rea di aver amato un bel montanaro di nome Colombano.
Colombano saliva ogni giorno in Maniva ora a far legna per il focolare domestico, ora in cerca di frutti di bosco, ora a raccogliere erba e fieno per gli animali della stalla. Ardimentoso e deciso, quando seppe dell’incantesimo che puniva la bella principessa, giurò in cuor suo che l’avrebbe liberata a costo della vita.
Nonostante la cima fosse difficile e impervia, Colombano attuò la sua sfida. Sensibile al fascino della bella Emanuella, il giovane si studiò di sorprendere la montagna che crudelmente la imprigionava. S’invaghì di lei e perdutamente se ne innamorò, riamato. La notte non riusciva a chiudere occhio: la voce de « la bella del Maniva » invocava il suo aiuto, il suo intervento, la sua liberazione.
La notte della vigilia, quando ormai Colombano aveva preso la decisione d’intervenire per sciogliere la bella Emanuella dalle catene del sortilegio, la fanciulla gli apparve in sogno più bella che mai; con i gesti e con la voce lo incoraggiava a non tradire la sua attesa.
All’alba, non appena il cielo tinse di rosa la cima, disegnando il profilo della donna amata con maggiore intensità, Colombano uscì di casa, deciso a portare a termine l’impresa. Si abbeverò alla fonte della Busana, per sentirsi rinfrancato dall’acqua portentosa che sgorgava dal cuore stesso del Maniva, e subito affrontò la montagna grande con coraggio e determinazione.
Via via che saliva, attutendo i passi, si studiava di non far rumore per non svegliare la montagna ostile e rendere vano il suo audace tentativo. Quando ormai stava per mettere il piede sulla cima Caldoline, il Maniva si svegliò di soprassalto.
Adirato contro il giovane che aveva osato sfidare il suo segreto, cominciò ad eruttare pietre e massi e a scaraventarli giù per la china, con l’intenzione di colpire a morte il temerario montanaro.
Inutilmente Colombano tentò di schivare il pericolo. Udiva le grida dell’amata fanciulla che lo incitava a resistere. Sentiva nella voce di lei il tremito di chi, per amore, aspetta la liberazione agognata. Con un estremo disperato tentativo, cercò di guadagnare l’ultimo balzo. Tutto fu vano.
Investito in pieno dalla pioggia di pietre precìpitò, il povero Colombano fu travolto e fini miseramente sepolto in un profondo baratro apertosi nel fianco della grande montagna.
La principessa Emanuella, impotente testimone della tragedia che le aveva negato, con la libertà, l’unione con l’innamorato, emise un lungo ululato di dolore. Ruppe in lacrime e il suo pianto sconsolato fu udito per giorni e giorni su tutta la valle.
Le lacrime de « la bella del Maniva » scesero a irrorare le zolle della montagna, a bagnare i rododendri e i mughi, a ingemmare le erbe e i fiori.
Da allora in poi, nelle lunghe sere d’estate, quando la grande montagna gioca con le brezze delle Tre Valli, si ode netto e distinto il lamento d’amore della sventurata principessa che compiange l’amato, sepolto ai suoi piedi sotto il cumulo dell’inesorabile pietraia.
I rari scalatori, che hanno avuto la ventura di toccare la Cima Caldoline, giurano che lassù, le rocce, che disegnano il profilo della bella Emanuella, sono tiepide – in gergo «calduline» – proprio come le gote della sfortunata principessa tuttora imprigionata e sempre in attesa d’un ardimentoso liberatore che venga a scioglierla dalle catene dell’incantesimo.