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I morti della Selva.

I morti della Selva, il ricordo di un eccidio.

I morti della Selva, è un luogo  che si trova poco oltre il quadrivio (‘I caròbe) che indica le direzioni per Padenghe, Lonato, Carzago della Riviera e Bedizzole, in territorio di Drugolo.

La dove il placido sussulto collinare gardesano degrada verso la Valtenesi a correggere la monotonia del piattume campagnolo, un tempo si apriva una fitta boscaglia.

Era conosciuta per la sua impenetrabilità con l’antica denominazione latina di Selva.

Nel corso dei secoli la Selva di Drugolo costituì il privilegiato ricetto dei rapinatori di strada, dei masnadieri pronti a balzare sui malcapitati viandanti per depredarli dei loro beni e spesso per ucciderli.

Ma non soltanto ai briganti la Selva offriva asilo e protezione.

Sbandati e armigeri disertori, uomini d’arme senza soldo e barbari conquistatori fuori-strada cercarono via via rifugio nelle sue ospitali ombre.

Così, là dove il mistero presiede alle oscure storie di violenza e di sangue, non tardarono a nascere dicerie e leggende.

Leggende bresciane che, serpeggiando di cascinale in casale, lungi dal chiarire la tenebre dell’ignoto, finivano per fomentare le fantasie e le paure del popolo e degli stessi narratori e uditori di fole.

Nel corso dei tempi, trovarono credito le storie relative ai morti trovati ammazzati sempre più spesso nelle boscaglie antistanti il fitto della Selva.

Quasi sempre si faceva risalire la responsabilità di quelle morti
ai briganti di strada, sempre più audaci e temibili.

La più tenace delle leggende, però, è forse quella che più si radica nell’antica memoria del travagliato periodo storico.

Un periodo che vide le armate veneziane della Serenissima Repubblica di San Marco contrapporsi a quelle del biscione visconteo del Ducato di Milano.

Si narra, dunque, che Brescia, uscita provata dall’assedio e dal sacco francese di Gaston de Foix, cercò negli spagnoli un alleato forte, in grado di sostenerla e difenderla contro i nemici foranei.

Correva l’anno 1513

L’ anno terribile della peste che flagellò Brescia, la Franciacorta e la Bassa mietendo centinaia di vittime.

La Repubblica di Venezia, non rassegnata alla perdita del territorio bresciano, strinse un’alleanza militare con i francesi, contro gli spagnoli e gli imperiali.

L’ ‘obiettivo dichiarato era di recuperare con la forza delle armi “le terre et le castella della regione bressana”.

Dopo un’ininterrotta serie di scontri armati.

Ai primi di Maggio, una massiccia incursione di fanti e cavalieri imperiali, usciti da Verona e provenienti da Peschiera, investì con irruenza la Riviera gardesana devastando i centri della Valtenesi via via attraversati e occupati.

Fu calcolato che la soldataglia tedesca, oltre a provocare uccisioni, saccheggi, violenze, incendi e distruzioni mise a segno una sistematica rapina che fruttò un bottino ammontante a oltre cinquantamila ducati d’oro.

Fu in quel frangente che molti possidenti, atterriti dall’ondata di
barbarie che li stava per investire, cercarono scampo nella Selva di Drugolo, con l’intento di sfuggire all’orda teutonica.

Ma male fecero i loro conti.

Braccati dai mercenari ebbri di preda, s’inoltrarono nel fitto della Selva, finendo in bocca ai briganti da strada.

Presi tra due fuochi non ebbero fortuna: chi non cadde trafitto dal ferro dei rapinatori fuori legge, finì miseramente sotto la spada inesorabile dei tedeschi che li spogliarono d’ogni avere.

Per un’intera lunga notte, a dire dei pochissimi sopravvissuti alla
tremenda strage, furono udite le urla disumane degli implacabili e sanguinari assassini e le grida delle vittime che imploravano pietà.

Un pietoso corteo di misericordiosi, guidato dai cappellani di Carzago e di Sedena, non appena sfumò la rabbia distruttrice degli imperiali, batté palmo a palmo la Selva per recuperare i corpi degli infelici uccisi dalla soldataglia tedesca.

Affidati alla feconda fantasia dei posteri, i “morti della Selva” entrarono a buon diritto nel leggendario ‘della terra bressana”.

Imperitura memoria delle genti gardesane e a onore del patrimonio popolare da custodire nella memoria collettiva dei luoghi.

“I morti della Selva”

Tratto da ” Trenta Leggende Bresciane ” di Lino Monchieri

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